Cangrande della Scala, il Principe che accolse Dante a Verona, fu vittima di un assassinio per avvelenamento o morì per una patologia cardiovascolare non ben curata? L’interrogativo pesa da sempre sul Signore di Verona. Le celebrazioni del settimo Centenario Dantesco (vedi qui ) offriranno il contesto per chiarire questo mistero.

La ricostruzione della vita e della figura di Cangrande si è sinora basata principalmente su fonti storiche indirette poiché gli archivi della famiglia scaligera veronese furono distrutti. L’analisi del DNA costituisce una fonte di informazioni oggettiva che integrerà le informazioni scientifiche già raccolte nel 2004 e affiancherà le fonti letterarie e artistiche.

Il 12 febbraio 2004 la mummia di Cangrande venne esumata (vedi immagini mummia e prime indagini qui) e sottoposta a specifiche indagini scientifiche da una equipe multidisciplinare. Alcuni materiali biologici prelevati (in particolare il fegato e alcune ossa) per gli studi autoptici di allora, furono poi depositati al Museo di Storia Naturale a disposizione dei ricercatori, mentre la mummia naturale del Principe venne risposta nell’arca due giorni dopo, cioè il 14 febbraio 2004.

Calco Cangrande ph. Saccomani

L’ESAME DEL DNA: 63 MILIONI DI SEQUENZE
Innovative tecnologie hanno reso possibile la ricostruzione della sequenza genetica (DNA) di Cangrande. Il Laboratorio di Antropologia Molecolare e Paleogenetica dell’Università di Firenze si è occupato dell’estrazione, dall’osso, del DNA, poi inviato al Laboratorio di Genomica Funzionale dell’Università di Verona per il sequenziamento con lo strumento più potente oggi disponibile, l’Illuminal NovaSeq 6000.

I geni sono stati letti producendo circa 62 milioni di sequenze di DNA, che hanno portato alla ricostruzione del 94.10% dei geni di Cangrande.  Attraverso una procedura bioinformatica dedicata all’analisi del DNA antico, sono state individuate varianti genetiche allo scopo di rivelare quelle che possono aver influito negativamente sulla salute di Cangrande. Al momento, queste varianti sono in fase di annotazione, ovvero di integrazione di informazioni presenti in banche di dati clinici e genetici.

Il prof. Massimo Delledonne, direttore del Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona, sottolinea che lo studio si pone come un “Proof-Of-Concept” e una pietra miliare per l’implementazione di tecnologie genomiche avanzate per indagini storiche recenti.

M.C.S.
Fonte: Studio Esseci